Una Comunità Energetica Rinnovabile di ‘area vasta’: l’esperienza di Garda Uno
Intervista a Massimiliano Faini, Direttore operativo di Garda Uno Spa
Servizi & Società - La rivista delle Utility
ANNO 42 - 2/2023
Uno dei primissimi esempi italiani di Comunità energetica sostenibile di area vasta è promossa da una azienda dei servizi pubblici locali. Coinvolti nel progetto di ampia portata ben 43 Comuni della zona del Garda. La nuova CER sarà in grado di produrre 23.548.334 kWh l’anno, oltre metà dei quali utilizzati in autoconsumo, i restanti condivisi dentro la Comunità o ceduti alla Rete.
Grazie ai nuovi impianti, più performanti, la Comunità energetica rinnovabile di “area vasta”, sviluppata da Garda Uno, sarà in grado di produrre 23,5 milioni di chilowattora l’anno. Sei volte la capacità dei vecchi impianti (3,4 milioni di kWh/Y).
Un percorso in fieri, che oggi punta molto sull’autoconsumo ma che già scommette sul futuro ampliamento della platea di utenti, inclusi quelli che vogliono consumare l’energia ecce- dente messa in condivisione. Equilibrio energetico locale e autoconsumo diffuso sono alcune delle parole chiave della strategia di Garda Uno.
Ne parliamo con Massimiliano Faini, direttore operativo di Garda Uno Spa.
La vostra società sta costruendo una CER per ognuno dei 43 Comuni che si è affidato a voi come partner tecnico. Se create una CER in ogni Comune, perché allora parlate di CER di “area vasta”?
“La sinergia di area vasta è strategica per lo sviluppo delle CER, soprattutto per quei territori dove sviluppare impianti da fonti rinnovabili è molto complesso. In questo caso i territori vicini possono entrare in soccorso. Un esempio potrebbe essere il Comune di Gargnano, 2.679 abitanti nell’Alto Garda: si tratta di un paese molto tutelato sotto il profilo paesaggistico, ricco di storia e fabbricati vincolati. Utilizzare in questo contesto il fotovoltaico non è così facile. Perciò il territorio dell’entroterra potrebbe essere d’aiuto nel rispondere ai fabbisogni energetici del paese”.
Per entroterra intende solo del singolo Comune o anche di quelli che rientrano nella medesima cabina primaria?
“Mi riferisco ad entrambi i casi. Consideri che i 5 Comuni dell’Alto Garda (Limone, Tremosine, Tignale, Magasa, Valvestino) rientrano tutti nella stessa cabina primaria. Tra Magasa e Valvestino vivono 480 abitanti in un territorio di 50 kmq: significa che la potenzialità di autoprodurre energia da fonti rinnovabili è di molto superiore alla necessità dei territori. Perciò questi due Comuni potranno cedere a Limone, Tignale e Tremosine la loro capacità di produrre più energia”.
La CER vede ogni Comune, ente pubblico, come titolare degli impianti. I soggetti privati entreranno in un se- condo momento. A che titolo quindi in alcune CER ci sono già soci privati, come le Rsa?
“Abbiamo coinvolto subito delle utenze private che avessero finalità di tipo sociale: l’obiettivo è rafforzare questa destinazione della premialità che le CER riceveranno. Siamo già indirizzati verso una sostenibilità di tutti quei servizi che hanno una forte valenza sociale. Tra le Rsa alcune entrano come prosumer, avendo un loro impianto. Altre invece consumano l’energia condivisa”.
I nuovi impianti fotovoltaici della CER vedranno una produzione di energia rinnovabile (kWh/anno) crescere di 6-7 volte rispetto ai vecchi impianti. Come si spiega?
“Oggi i pannelli sono più performanti: serve infatti meno superficie per produr- re gli stessi kWh. In tantissimi interventi prevediamo la riqualificazione del campo fotovoltaico esistente con pannelli nuovi: questo ci permette di guadagnare molta superficie. E sulla medesima realizzare anche impianti nuovi. Ad esempio, sulla tribuna dello stadio di Desenzano anni fa avevamo realizzato un impianto da 57 kW. Oggi ne possiamo realizzare due – sempre da 57 kW l’uno – e questo significa che sulla medesima superficie raggiungiamo il doppio della potenza”.
Quando si parla di CER, spesso tra gli obiettivi c’è quello di sviluppare un equilibrio energetico locale. Che vantaggi ci sono?
“Il vantaggio a livello locale è quello di far crescere una mentalità di condivisione delle potenzialità energetiche territoriali. E dunque di far crescere la capacità di pensare che si può auto-produrre energia, anche da parte di singoli imprenditori. È utile anche fare in modo che la rete nazionale si alleggerisca del trasporto di energia, quantomeno nelle ore giornaliere dove si può produrre. Pensiamo anche alle nuove abitudini, come la mobilità elettrica: avere una capacità locale di autoprodurre energia per la ricarica dei veicoli diventa una strategia importante, riducendo i costi di trasporto e di mobilità di tutti”.
La futura CER premierà più l’autoconsumo o la condivisione?
“Nella fase di avviamento della CER il fattore di sostenibilità è l’autoconsumo. Poi, nello sviluppo del percorso, la condivisione diventa il fattore fondamentale. Ad oggi, l’autoconsumo è di sicuro il fattore principale: ridurre i costi dell’energia è un fattore economico che dà maggiore sostenibilità alle nostre filiere di produzione. Un esempio è il ciclo idrico integrato: qui l’incidenza dell’energia sui costi complessivi è del 30%. Se influisco su questa quota, incido indirettamente sulla tariffa del ciclo idrico. E fornisco un aiuto concreto”.
Tra Brescia e Mantova sono 43 i Comuni che stanno progettando una CER con voi di Garda Uno. Se altri Comuni oggi volessero costituire una CER, sarebbero in ritardo rispetto all’accesso ai bandi regionali, nazionali, europei?
“Il ritardo non c’è. È vero che Regione Lombardia ha stabilito il 31 maggio come scadenza per la manifestazione d’interesse, ma è pur vero che non si tratta di un bando di finanziamento. Regione vuole comprendere quali siano le potenzialità del territorio e fornire indicazioni nel bando di finanziamento che uscirà. Certamente, chi oggi ha già costituito la CER si troverà uno o due passi avanti rispetto ad altri, nel senso che potrà passare subito alla progettazione definitiva o impostare più velocemente il percorso economico-finanziario. Però, come sviluppo delle CER, non c’è un limite: possiamo continuare a svilupparle”.
Sapete già quanti kWh di energia potrete condividere e quanta sarà l’eccedenza immessa in rete?
“Sì, gli elementi che abbiamo derivano da un’analisi puntuale che abbiamo già fatto in ogni singolo Comune. Il risultato dell’area vasta è un risultato certo, che si basa sulle potenzialità di produzione e di autoconsumo di ogni sito. E sulla capacità di condivisione. La curva del comportamento dei consumi e quella della produzione sono state confrontate, in modo da capire quanta energia sia disponibile per una condivisione esterna. Si tratta di numeri comparati. E questo grazie anche alla condivisione di Enea, la quale ha sviluppato sulla nostra piattaforma un algoritmo analitico che permette di estrarre il comportamento di ogni singola CER”.
Quali numeri conoscete già, in termini di produzione e consumo?
“La futura CER di area vasta (43 Comuni coinvolti) può produrre 23.548.334 kWh l’anno: di questi, 12 milioni e 300 mila kWh sono in autoconsumo (il 52%), 7 milioni e 300 mila kWh vengono condivisi e consumati all’interno della CER, mentre i restanti 3 milioni e 900 mila kWh costituiscono l’eccedenza di energia elettrica che viene ceduta alla rete e che, in futuro, potrebbe essere, invece, assorbita da soggetti che entrano come consumatori”.
L’autoconsumo diffuso potrà favorire l’ingrandimento futuro della CER?
“È un fattore molto importante, anche per un cambiamento di pensiero di come si può gestire la disponibilità di energia a livello territoriale. Oggi le criticità le abbiamo in zone storiche o su edifici tutelati: qui è impossibile disporre di superfici dove realizzare propri impianti fotovoltaici. In tutte queste situazioni, la condivisione diviene fondamentale: l’idea è quindi dislocare altrove (ad esempio in una zona industriale) una certa capacità produttiva, in modo che ne benefici quella realtà (il centro storico) su cui non si può intervenire. Grazie quindi al nuovo strumento dell’ “auto- consumo diffuso”, la sostenibilità energetica può essere affrontata da tutti”.
Una delle vostre ambizioni, nella CER, è riuscire a fornire indicazioni tali per cui il momento ottimale per il consumo coincida con quello di maggiore produzione locale. È corretto?
“Sì, è corretto. Quello di cui dobbiamo assolutamente dotarci è uno strumento di controllo in tempo reale del comportamento energetico della Comunità. Se coinvolgo le utenze domestiche, so che si generano flussi di consumo e produzione che non sono prevedibili, ad esempio quando viene accesa una lavatrice o ricaricata un’auto. Ma l’analisi puntuale (ogni 15 minuti) di cosa succede nella CER permette di capire quali sono i momenti ideali per aggiungere produzione o consumatori. Tutto questo nell’ottica di un equilibrio tra produzione e consumo a livello locale. Per generare queste indicazioni abbiamo bisogno di dati e rilevazioni che derivano dalla conoscenza puntuale della CER. E questo software, che si chiama M.A.V.E., l’abbiamo sviluppato insieme a Enea”.
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