I Comuni davanti alla sfida delle comunità energetiche
di Ilaria Sesana
Gli enti locali guardano con interesse alle possibilità offerte dalla produzione condivisa di energia sul territorio. Ma spesso non hanno le competenze tecniche per sviluppare e gestire i progetti. Il ruolo dei soggetti privati e le possibili alternative
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Il recepimento dell’Italia della direttiva europea “Red II” (avvenuto con il decreto legislativo 199 entrato in vigore il 15 dicembre 2021) apre la strada alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in maniera diffusa sul territorio con iniziative dal basso e ha acceso forte interesse anche da parte dei sindaci. Un interesse che però spesso si scontra con le difficoltà degli amministratori locali a gestire una partita complessa e che richiede competenze specifiche. “C’è un bisogno trasversale di rafforzare le capacità di governance dei Comuni di piccole e medie dimensioni su un tema così ‘verticale’ come quello dell’energia, che non si incardina nella strutturazione attuale degli uffici. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza mette a disposizione 2,2 miliardi di euro per i Comuni con meno di 5mila abitanti ma non contempla l’assistenza tecnica e questo è un problema, non avendo predisposto prima centralmente o uniformemente sul piano regionale misure di rafforzamento dei Comuni o di supporto - spiega Giada Maio, responsabile ufficio Energia, mobilità e trasporto pubblico locale di Anci-. Proprio perché i Comuni non hanno competenza diretta in materia di produzione dell’energia, ma hanno il compito di governare il territorio e un ruolo decisionale insostituibile, che oggi spesso esercitato in condizioni di asimmetria informativa verso gli operatori del settore energetico”.
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Chi sta lavorando per dare risposte alle richieste degli enti locali è l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea) che ha messo a punto due strumenti ad hoc.
Il primo è Recon (Renewable energy community ecONomic simulator) un applicativo web finalizzato a supportare valutazioni preliminari di tipo energetico, economico e finanziario per la nascita di una comunità energetica. Inserendo nel sistema una serie di dati (informazioni sull’edificio-impianto, consumi elettrici ricavabili dalle bollette, caratteristiche dell’impianto e alcuni parametri economico-finanziari) l’utente può ottenere diverse informazioni sulla resa energetica dell’impianti fotovoltaico, l’autoconsumo e la condivisione energetica, l’impatto ambientale in termini di riduzione delle emissioni di CO2, i risparmi e i ricavi (da vendita e valorizzazione dell’energia prodotta) e i costi.
Il secondo è Dhomus (acronimo che sta per i Data homes and user), una piattaforma dedicata agli utenti residenziali che svolge le funzioni di raccolta, aggregazione e analisi dei dati provenienti dagli utenti residenziali per fornire feedback educativi all’utente e rendere consapevoli i cittadini dei loro dati energetici per aiutarli a comprendere quanta energia consumano e per quali usi, così da guidarli a contenere sia consumi sia i costi “trasformando l’utente residenziale in soggetto attivo che contribuisce alla stabilità della rete elettrica nazionale”, si legge sul sito della piattaforma.
“Questi strumenti hanno come obiettivo quello di aiutare la gestione delle Cer anche da parte delle amministrazioni locali. Sono rivolti a chi ha già delle competenze di base in tema di energia oppure può beneficiare di un accompagnamento e vuole fare una serie di valutazioni preliminari all’attivazione di una comunità energetica rinnovabile - spiega Paolo Zangheri, ricercatore Enea specializzato sui temi dell’energia-. Siamo però consapevoli del fatto che difficilmente il tecnico di un piccolo Comune, magari oberato di lavoro, si metterà a utilizzarli in autonomia: queste iniziative hanno maggiori probabilità di successo se c’è un accompagnamento o se gli enti locali si mettono in rete per condividere competenze e risorse”.
È quello che sta facendo, ad esempio, la multiutility Garda uno (realtà 100% pubblica, partecipata da 56 Comuni tra le province di Brescia e Verona) che sta utilizzando “Dhomus” e “Recon” per costruire una “rete” composta da diverse Cer per rispondere alle sfide della transizione energetica e ai bisogni del territorio.
“Abbiamo iniziato a lavorare a questo progetto a settembre 2021, mettendo a disposizione dei Comuni le nostre competenze tecniche -spiega ad Altreconomia Massimiliano Faini, direttore del settore Attività produttive di Garda uno-. I nostri paesi sono sottoposti a vincoli architettonici e paesaggistici che rendono difficile l’installazione di impianti fotovoltaici nei centri storici, ma al tempo stesso noi riceviamo molte richieste da parte dei Comuni per dare una risposta a questa domanda di autoproduzione di energia. Da qui la nostra iniziativa: non andare alla ricerca di soluzioni difficili per attivare impianti da pochi kilowatt in quartieri sottoposti a tutela ma facciamo in modo che gli impianti costruiti in altre zone del territorio possano andare anche a beneficio delle utenze e delle attività commerciali che non possono auto-prodursi l’energia”.
Per raggiungere questo obiettivo i tecnici di Garda uno hanno svolto un’analisi territoriale, individuando tutte le superfici adatte all’installazione di un impianto fotovoltaico e libere da vincoli paesaggistici: tetti di piscine, palestre comunali, sale multifunzione, tettoie dei campi da calcio.
“Ci permetterebbero di installare 160 nuovi impianti fotovoltaici per un totale di circa 14 MW distribuiti tra tutti i Comuni, pari al fabbisogno di 7.300 appartamenti -sottolinea Faini-. Gli strumenti messi a disposizione da Enea per noi sono fondamentali perché ci permetteranno di monitorare puntualmente produzione e consumo, oltre che ottimizzarne la coincidenza”, spiega ancora Faini.
Proprio il raggiungimento di un ottimale equilibrio tra l’energia prodotta e quella utilizzata all’interno della singola comunità energetica rappresenta la condizione per ottenere gli incentivi previsti dal Gestore servizi energetici (Gse).
“Questo è un elemento che non va mai perso di vista e su questo tema insisto molto durante gli incontri con i tecnici comunali -sottolinea Faini-. I benefici delle comunità energetiche non sono semplicemente l’autoconsumo o il risparmio in bolletta: le ricadute sul territorio saranno prevalentemente di tipo sociale. L’incentivo del Gse può essere utilizzato dai Comuni per finanziare servizi che oggi faticano a essere sostenuti, penso ad esempio all’assistenza agli anziani o al trasporto scolastico, oppure come bonus per le ricariche delle auto elettriche”.
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Neway originale e completa: altreconomia.it
Data di pubblicazione: Mercoledì 14 Settembre 2022
Scopri le Comunità Energetiche di Garda Uno: gardauno.it/it/comunita-energetiche